Cos’è la SCIA

Nella nostra esperienza quotidiana, abbiamo ravvisato una certa difficoltà nell’uso dello strumento della SCIA. Abbiamo, pertanto, predisposto una sintetica nota al fine di chiarire i tratti essenziali dell’istituto.

SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) – TRATTI ESSENZIALI

La SCIA (acronimo di segnalazione certificata di inizio attività) è uno strumento di semplificazione e liberalizzazione delle attività d’impresa che dall’agosto del 2010, per effetto del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 (art. 49, comma 4-bis), ha sostituito la più conosciuta DIA (dichiarazione di inizio attività), con conseguente riscrittura dell’art. 19 della legge n. 241/1990 che l’aveva introdotta a suo tempo.

La SCIA è stata anche estesa alle attività edilizie (art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12.7.2011, n. 106).

Le previsioni della normativa nazionale hanno trovato la propria declinazione nelle norme regionali del procedimento amministrativo (legge regionale 19/2007) e nelle leggi regionali di settore interessate.

Qualunque imprenditore, sia esso artigianale, commerciale o di servizi, può iniziare, modificare (ampliare, ridurre, variare, subentrare, trasferire) un’attività economica presentando una SCIA alla pubblica amministrazione competente.

La segnalazione deve essere corredata da “autocertificazioni” con le quali l’imprenditore (o un tecnico incaricato e dotato di specifica abilitazione professionale) attesta la sussistenza dei presupposti di fatto e giuridici che consentono l’esercizio dell’attività che si intende intraprendere.

Nella struttura giuridica della SCIA è l’imprenditore segnalante che si assume la responsabilità, di fronte alla pubblica amministrazione ed ai terzi, della rispondenza al vero di quanto segnalato, ne consegue che l’esame preliminare in merito alla conformità alla normativa generale e di settore dell’attività che si intende intraprendere è un fatto che si sviluppa per intero nella sfera giuridica del privato.

La SCIA sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore (ad esempio i requisiti professionali e morali dell’imprenditore, l’idoneità dell’immobile ove si svolge l’attività sotto i diversi profili urbanistico/edlizi –agibilità e destinazione d’uso- igienico-sanitari, di sicurezza antincendio, di impatto acustico ecc. ecc.).

Sono esclusi dal campo di applicazione della SCIA i casi in cui siano previste autorizzazioni e licenze, in forza di contingentamenti numerici (ad esempio nei settori del trasporto taxi e noleggio con conducente, delle farmacie) o di strumenti di programmazione aventi natura edilizio-urbanistica (ad esempio l’apertura o l’ampliamento o il trasferimento di medie e grandi strutture di vendita, compresi i centri commerciali).

Sono, altresì, esclusi gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze e nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.

La SCIA (completa nelle dichiarazioni sostitutive ed esaustivamente corredata), munita di ricevuta di avvenuta protocollazione, ha efficacia immediata, nel senso che l’attività oggetto della segnalazione può essere intrapresa sin dal momento della presentazione della SCIA all’amministrazione competente.

La pubblica amministrazione, dopo aver ricevuto una SCIA ha il compito di avviare una attività di controllo di quanto dichiarato dal segnalante. Al termine del controllo, qualora accerti la mancata rispondenza al vero di quanto dichiarato e in caso di accertata assoluta insussistenza dei requisiti e dei presupposti necessari all’esercizio dell’attività, oltre a presentare denuncia penale alla competente Autorità giudiziaria per dichiarazione falsa o mendace, deve adottare, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della SCIA, un provvedimento diretto a vietare la prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa.

Qualora la pubblica amministrazione ritenga, nell’ambito della propria azione di verifica della sussistenza di requisiti e presupposti, che sia possibile conformare, l’attività intrapresa e i suoi effetti, alla normativa vigente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, prescrivendo le misure necessarie, con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa.

Per l’attività edilizia il termine per il controllo e per l’intervento inibitorio è ridotto a 30 giorni.

La norma fa, comunque, salvo il potere di autotutela della pubblica amministrazione, che può essere esercitato anche dopo la scadenza del termine sopra indicato, ricorrendo i presupposti di cui all’art.21- nonies della legge 241/1990 (disciplina dell’annullamento d’ufficio). Il concetto di autotutela nel diritto amministrativo fa riferimento al potere della pubblica amministrazione di annullare e revocare i provvedimenti amministrativi già adottati. Il potere di autotutela è caratterizzato da una ampia discrezionalità di intervento ed è esercitabile ogni qual volta la pubblica amministrazione dimostri la sussistenza di un interesse attuale, pubblico e concreto alla rimozione degli effetti di un atto amministrativo. Ne risulta che l’annullamento non si limita al ripristino della legalità, ma è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi coinvolti.

Qual è la natura giuridica della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività)?

Già nella vigenza della DIA ci si era interrogati sulla natura giuridica dell’istituto, soprattutto con riferimento al problema di individuare quali azioni il terzo era abilitato ad attivare in sede giudiziaria qualora ritenesse di aver subito una lesione a seguito dell’avvio con DIA di un’attività d’impresa.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 15 del 29 luglio 2011, ha fornito i chiarimenti attesi, sviluppando un’articolata pronuncia con la quale sono stati delineati i contorni dell’istituto.

L’elaborazione interpretativa espressa è valida anche per la SCIA, per ammissione dello stesso Giudice amministrativo, che in punto così si è espresso “le problematiche affrontate e le relative soluzioni non possono non trovare fondamento in una ricostruzione degli istituti in questione (DIA e SCIA) di portata generale e quindi valevole anche per il futuro”.

La SCIA è diventato un istituto di larghissima applicazione la cui disciplina ha modificato in termini significativi i contorni del rapporto Pubblica amministrazione-impresa ed il ruolo della prima rispetto all’impresa economica.
Secondo l’Adunanza Plenaria, la SCIA rappresenta uno schema ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche con il quale il legislatore ha scelto la strada del superamento del tradizionale modello che vedeva da una parte l’istanza del privato e dall’altra l’autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione.

Questo modello si fondava su un intervento ex ante dell’amministrazione in forza del quale, a seguito del ricevimento dell’istanza del privato con la quale questi chiedeva il rilascio di un’autorizzazione per l’esercizio di una attività economica, veniva istruito un procedimento volto alla verifica d’ufficio dell’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della richiesta, all’esito del quale l’autorizzazione richiesta veniva rilasciata o veniva negata.

Con l’entrata in vigore della SCIA, lo schema in precedenza descritto è stato sostituito da un nuovo approccio che consente al privato imprenditore di intraprendere una attività senza necessità di ricorrere al preventivo assenso, alla preventiva modalità autorizzatoria dell’amministrazione.

In buona sostanza, qualunque iniziativa economica, fra quelle ammesse, può essere intrapresa con la semplice presentazione di una SCIA, prescindendo, pertanto, dalla necessità dell’intervento preventivo della pubblica amministrazione e dall’acquisizione del relativo atto di assenso.

La SCIA è qualificata dal Giudice amministrativo come un atto, sia soggettivamente che oggettivamente di natura privata e non è, come era stato autorevolmente sostenuto, un provvedimento amministrativo a forma tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, rappresentando esclusivamente un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere una attività direttamente ammessa dalla legge.

In tal senso, si esprime il giudice: “l’attività dichiarata (segnalata) può, quindi, essere intrapresa senza il bisogno di un consenso dell’amministrazione, surrogato dall’assunzione di auto-responsabilità del privato, insito nella denuncia di inizio attività, costituente, a sua volta, atto soggettivamente ed oggettivamente privato (in questi termini, Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717 e 15 aprile 2010, n. 2139; Sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2919)”. E prosegue: “In questo assetto legislativo non c’è quindi spazio, sul piano concettuale e strutturale, per alcun potere preventivo di tipo ampliativo (autorizzatorio, concessorio, e, in senso lato, di assenso), sostituito dall’attribuzione di un potere successivo di verifica della conformità a legge dell’attività denunciata mediante l’uso degli strumenti inibitori e repressivi”.
Quindi, l’Adunanza plenaria rinviene “nella legge” il “fondamento giuridico diretto dell’attività privata”. Né ritiene di configurare la SCIA come “atto di auto-amministrazione del privato integrante esercizio privato di pubbliche funzioni.”
La SCIA è un atto privato di auto-responsabilità, nel senso che è ideata e predisposta nell’ambito della sfera giuridica del privato imprenditore, il quale si assume la responsabilità di dichiarare (attraverso lo strumento delle “autocertificazioni”- dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445), la sussistenza di requisiti e presupposti per l’esercizio dell’attività.

Il principio di autoresponsabilità è temperato dalla persistenza del potere amministrativo di verifica dei presupposti richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività denunciata. Trattasi, in sostanza, di attività ancora sottoposte ad un regime amministrativo, pur se con la significativa differenza che detto regime non prevede più un assenso preventivo di stampo autorizzatorio, ma un controllo da esercitarsi entro un termine perentorio con l’attivazione ufficiosa di un doveroso procedimento teso alla verifica della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’esercizio dell’attività dichiarata (segnalata).

Il ruolo che la pubblica amministrazione sta assumendo, nel nuovo schema legislativo, è quello di una pubblica amministrazione con funzione di controllore (controllo ex post). La pubblica amministrazione interviene quando l’attività economica potrebbe già essere iniziata, in forza del fatto che la Scia ha efficacia immediata.

Analizzando il fenomeno dall’angolazione del denunciante (= il soggetto che presenta la DIA e quindi, parimenti, il soggetto segnalante, ossia che presenta la SCIA), si può affermare che costui è titolare di una posizione soggettiva di vantaggio immediatamente riconosciuta dall’ordinamento, che lo abilita a realizzare direttamente il proprio interesse, previa instaurazione di una relazione con la pubblica amministrazione, ossia un contatto amministrativo, mediante l’inoltro dell’informativa.